Sulle migliori strategie social da utilizzare per far crescere un brand girano tante storie, molte delle quali possono essere annoverate tra le leggende del marketing.
A volte le leggiamo in qualche guida online non molto affidabile.
Altre volte i consigli arrivano da qualche consulente e sono anche corretti. Ma nel mondo del digital le cose cambiano così velocemente che magari qualcosa che funzionava 5 anni fa ora non è più valido.
Insomma, nelle aziende si fanno ancora tanti errori per quanto riguarda la gestione dei social. Alcuni dei quali sono piuttosto banali e semplici da evitare. Per questo motivo abbiamo deciso di fare una piccola lista di quelli più comuni ma che possono avere un grosso peso sulla buona riuscita delle strategie social di un business.
Il social media marketing è gratis
Facciamo subito chiarezza perché ce n’è bisogno: per fare marketing sui social servono soldi.
Soldi per chi imposta le campagne pubblicitarie, soldi per il social media manager, soldi per pagare le piattaforme come Facebook Ads, Google Ads, etc.
Purtroppo ancora oggi c’è chi pensa che online significhi gratuito.
È vero che aprire un profilo su Instagram è gratis, ma se non volete pagare nessuno dovete gestirlo da soli. Ed al 90% non avete il tempo e le competenze per sviluppare e portare avanti le strategie social in modo professionale.
Non ha senso fare tutto in modo amatoriale per risparmiare, perché non otterrete i risultati che sperate.
Se volete davvero fare crescere la vostra attività dovete ingaggiare un esperto per produrre e pubblicare contenuti, interagire con gli utenti o gestire una campagna adv.
Questa persona ha studiato per avere quelle conoscenze, non è semplicemente uno che “scrive caXXate su Facebook”. Il suo tempo e le sue competenze vanno adeguatamente retribuiti.
Quanto dovreste pagare un social media manager?
Non esiste una risposta precisa ma, viste tutte le attività di cui si occupa, non potete certo pensare di pagarlo 3€ l’ora.
Eppure di annunci del genere ne vediamo tanti.
Tutto un altro discorso (e conto) è quello degli annunci pubblicitari.
Fare adv sui social network costa ancora relativamente poco, soprattutto a confronto con la pubblicità sui media tradizionali.
Quindi quanto dovrei spendere in pubblicità?
Per ottenere risultati tangibili non si possono investire cifre troppo basse; con 5€ al giorno difficilmente centrerete i vostri obiettivi. D’altro canto non è nemmeno necessario avere un budget enorme. È importante impiegare una cifra adeguata, ma ancora di più saperla spendere, ottimizzando al meglio le campagne. Non basta spingere il bottone “metti in evidenza” ed ecco perché vi serve l’esperto di cui abbiamo parlato sopra.
Io so dove sono i miei clienti
Di questa frase esistono diverse varianti: “su certi social ci sono solo i giovani”, “io vendo tantissimo su Instagram”, “i miei clienti non usano i social”. E noi le abbiamo sentite tutte.
Considerato che nel 2021 quasi 4 miliardi di persone erano attive sui social network ci sembra difficile che i clienti di un’azienda non siano tra questi.
Gli imprenditori o direttori marketing delle aziende spesso sono convinti di sapere perfettamente dove andare ad intercettare i loro clienti.
In realtà il comportamento di acquisto delle persone diventa sempre meno lineare, soprattutto sui social network che solitamente si trovano nella parte alta del funnel. Al giorno d’oggi è possibile che un potenziale cliente conosca il brand su Facebook, vada a cercare maggiori informazioni su Google e finalizzi l’acquisto su Instagram.
Spesso analizzando approfonditamente il target troviamo dei comportamenti di cui l’imprenditore non sapeva nulla.
Si può scoprire che la pubblicità su Facebook non porta risultati mentre quella su Google (mai provata prima) converte moltissimo. Oppure che migliaia di visualizzazioni delle IG stories non hanno generato nessuna vendita.
Il 100% dei clienti con cui abbiamo avuto a che fare ignorava completamente che Pinterest è uno strumento molto efficace per le vendite.
Nella scelta delle strategie social è fondamentale non fossilizzarsi o avere preconcetti soprattutto se non ci sono abbastanza dati che supportano una certa idea.
Bisogna essere su tutti i social
Agli antipodi di chi punta tutto su un solo canale ci sono i “presenzialisti dei social”, ossia quelli che aprono account su ogni piattaforma esistente, soprattutto se è appena nata.
Ciò che li accomuna con quelli che abbiamo descritto nel punto sopra è la scarsa conoscenza del target. Scegliere di stare ovunque è un modo per aggirare il fatto che non sanno quali siano i canali d’elezione dei loro potenziali clienti.
Anche questa scelta, però è strategicamente sbagliata per almeno 2 motivi.
Tanti canali = tanto lavoro
Ogni piattaforma ha le sue regole e richiede qualche piccolo aggiustamento. Instagram vuole immagini verticali e massimo 2200 caratteri, Twitter ne permette massimo 280, per Facebook gli hashtag non servono, etc. All’aumentare dei canali aumenta anche il tempo necessario ad ottimizzare i contenuti. È vero che esistono tanti servizi che permettono di pubblicare su più canali, ma comunque dovrete impostare ogni post.
Ogni canale ha uno scopo
Nelle strategie social ben pensate per ogni social network c’è un obiettivo. Idealmente dovreste segmentare il vostro target ed indirizzarlo verso il canale che ritenete più adatto. Naturalmente questo significa che dovreste anche produrre contenuti diversi per ogni canale e non stiamo parlando di un hashtag in più o in meno.
Nella pratica però si va a finire con esattamente lo stesso video spammato in ogni dove.
Il risultato di tutto ciò è un appiattimento della comunicazione ed un affaticamento di chi vi segue. Perché dovrebbero seguirvi su YouTube se gli stessi video ci sono anche su Instagram?
Insomma, stare su tutti i social non solo non è obbligatorio, ma non è neanche conveniente. Anzi può diventare controproducente se siete completamente fuori posto.
I dati presi dai social sono fuffa
I social network, soprattutto quelli più maturi, sono una vera e propria miniera di dati per le aziende – e questi sì che sono gratis. Di solito chi non vede il valore di queste informazioni è incapace di raccoglierle ed interpretarle.
L’analisi delle performance è un lavoro che va fatto in maniera costante e su un numero significativo di contenuti. Solo quando si analizzano periodi relativamente lunghi (almeno 3/6 mesi) si portano alla luce dei trend di comportamento.
Al contrario, monitorare i risultati di un singolo post è inutile e rischioso poiché si può cadere nella dinamica in cui si prendono in considerazione esclusivamente i post di maggiore successo. Inoltre focalizzarsi solo sulle vanity metrics come i like può far sfuggire quei segnali di discontento che arrivano diluiti nel corso del tempo.
Ricordatevi che un sentiment negativo può montare in sordina per molto tempo e poi scoppiare quando è troppo tardi per rimediare.
Dal monitoraggio ad ampio raggio di quello che succede su un canale si possono ricavare tutte le informazioni necessarie a creare le strategie social, oppure indicazioni su come sviluppare un nuovo prodotto.
I social sono pieni di hater
Questa è una convinzione piuttosto radicata e ci sono alcune aziende, soprattutto quelle con un management più arretrato, che pensano risolvere il problema limitando le occasioni di interazione con i consumatori. Quindi si bloccano i commenti, si disabilitano le recensioni o, addirittura, si decide di disertare in toto i social network.
Non c’è idea peggiore; un consumatore scontento non si fermerà di fronte a nulla ed un luogo per lamentarsi lo troverà comunque. Magari un portale su cui non avete alcun controllo.
Inoltre per mettervi al riparo da pochi “rosiconi” (se non sono pochi il problema è un altro) rinunciate all’engagement ed a tutte le interazioni positive che sono il sale dei social network.
Piuttosto che limitare le possibilità di confronto esercitatevi a gestire queste “piccole crisi”. Anche un consumatore scontento se gestito nel modo giusto può diventare il vostro più grande fan.
Per parlare con i giovani servono i giovani
Questa affermazione non vale per le aziende e nemmeno per tante altre occasioni. Un po’ tutte le persone sopra i 60 anni sono convinte che i giovani (sotto i 30?) siano dei maestri dei social e della tecnologia in genere. Purtroppo non è così semplice.
Prima di tutto oramai sui social non ci sono solo i giovani, anzi il 55% degli utenti di Facebook ha più di 35 anni e su LinkedIn l’età cresce ancora. Quindi un social media manager giovane, ma inesperto, potrebbe non essere in grado sintonizzarsi con il vostro target.
La scelta del tono sbagliato può danneggiare l’immagine del brand portando i clienti di lunga data, quelli delle fasce d’età più alte, a non capire un approccio troppo “da giovani”.
D’altro canto, dai Millennials in giù, un tentativo di svecchiare la comunicazione potrebbe essere visto come un’imitazione scadente di cosa piace a loro. E questo non basta a convertire un giovane consumatore.
Si pensa che i più giovani, in quanto nativi digitali siano avvezzi all’uso della tecnologia sotto qualsiasi forma. Ma non è così.
Non basta assolutamente saper utilizzare lo smartphone e essere campioni di filtri su Instagram per dirsi esperti di social media management.
Per una gestione professionale dei canali social di una realtà aziendale servono strumenti molto più complessi come il Business Manager o l’Ads Manager. E vi assicuriamo che un esperto passa molto più tempo davanti al pc che sul “fonino”.
Miti e leggende sulle strategie social
Negli anni sono nate molte leggende metropolitane sui trucchetti che funzionano sui social. Quelli che ti fanno diventare virale il contenuto, per intenderci.
Alcuni di questi non sono completamente campati in aria e può darsi che, in un determinato momento o per un certo gruppo di utenti, siano anche stati efficaci.
Ma come sappiamo gli algoritmi e le policy dei Social network cambiano di continuo, a volte anche in modo misterioso. Pensiamo ad esempio a Facebook ed Instagram che introducono continuamente nuove funzionalità che possono sparire da un giorno all’altro. Si tratta di esperimenti che Meta fa costantemente, proponendo ai suoi utenti feature diverse e valutandone l’apprezzamento.
Orario di pubblicazione
Praticamente ogni anni c’è qualche report che ci dice che ora e che giorno scegliere per pubblicare i nostri post. Ovviamente senza tenere conto del settore, del fuso orario e di tanti altri aspetti. In realtà non c’è una regola assoluta. L’ideale sarebbe postare, molto banalmente, quando il vostro target è online. E questa informazione la potete desumere dagli strumenti di analisi.
Collocazione e quantità degli hashtag
Su questo aspetto vige anarchia completa. Chi dice di usarne massimo 8, chi consiglia di inserirne il più possibile.
“Fai attenzione all’ordine in cui li metti”.
“Non metterli nel copy, mettili nel primo commento”.
Non ascoltate questi grilli parlanti ma selezionate solo quelli più adatti al vostro obiettivo e più coerenti con la vostra comunicazione.
Ricordate inoltre che ogni piattaforma li tratta in modo differente e che a volte non sono nemmeno necessari più di tanto.
Quantità di testo ed emoji
In base alla tendenza del momento sui social si oscilla da papiri lunghissimi ai copy composti solo da 3 emoji.
Anche in questo caso l’unico indicatore attendibile ve lo darà un’analisi dei vostri risultati su un periodo di almeno qualche mese. Solo così potete scoprire cosa gradisce la vostra community.
Modifiche al post
Una leggenda che è andata molto di moda qualche tempo fa era quella per cui ogni modifica successiva alla pubblicazione comportava la penalizzazione del post da parte della piattaforma. Non c’è mai stato alcun dato a supporto di questa teoria.
Ricontrollare i vostri testi prima della pubblicazione dovrebbe bastare a correggere eventuali errori. Ma se proprio qualcosa vi è sfuggito non fatevi scrupoli e modificatelo. Vi prego fatelo!!
Inserire sempre un’immagine o un video
In linea di massima è vero che i contenuti di questo genere sono sempre più apprezzati dagli utenti, di qualsiasi fascia d’età. Se siete su Instagram o TikTok ovviamente un video ben fatto vi darà un’enorme visibilità.
Ma ci sono altre piattaforme e target per i quali questi contenuti non hanno altrettanto appeal. Potreste avere grande successo su Twitter o Facebook senza mai postare un’immagine.
Real time marketing
Moltissimi esperti di digital vi diranno che nella vostra comunicazione dovete sempre restare sul pezzo e seguire i trend del momento.
Che si tratti del divorzio tra due vip, della situazione in Afganistan o della challenge “mettiti la senape nel naso” di TikTok. Siete proprio sicuri che i vostri clienti vi riempiranno di ordini dopo avervi visto lacrimare e starnutire sui Social?
Noi abbiamo forti dubbi!
Il real time marketing può aiutare la vostra azienda ad essere più visibile e ad arricchire la propria comunicazione ma va dosata con criterio. Non tutti gli argomenti sono adatti, un’azienda non deve schierarsi su tutto ma soprattutto non è affatto facile usare questa strategia.
Spesso infatti si corre il rischio di confondere le opinioni personali con la brand identity.
Per fare una comunicazione efficace sui social non ci sono trucchi ma soltanto due regole semplici che non dovete mai dimenticare:
- avere una buone strategie social
- avere un buon calendario editoriale a supporto di queste
Tutto il resto è fuffa.
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