Strategie di vendita per tutte le stagioni

Ottobre 19, 2021

Il marketing esiste da sempre, da quando per la prima volta è stato messo un marchio su un oggetto, tipo 5000 anni fa.
Il marketing non è cattivo, è che lo disegnano così.
Non sono i marketer che vogliono a tutti i costi farvi comprare un prodotto, ma è chi lo produce.

Le strategie di vendita al centro, non più i consumatori

Che voi ci crediate o no i marketers sono dalla parte dei consumatori, nel senso che la loro bravura sta proprio nel saper ragionare come un consumatore e saperne capire le logiche, le dinamiche e i bisogni.
Chi si occupa di marketing, però, si deve allineare agli obiettivi prefissati delle aziende.
E ultimamente sembra che l’obiettivo principale sia sempre più sbilanciato verso la vendita smodata ed incontrollata.

In teoria, l’offerta non dovrebbe superare la domanda (economia aziendale 1), ossia un’azienda non dovrebbe produrre più di quanto riesca a vendere. Ma ormai non è più così, la prova lampante sono le discariche del terzo mondo ricolme di oggetti di ogni tipo (vestiti, telefoni, giochi, etc).

In pratica però, per come si sono messe le cose oggi, i marketer si trovano in una situazione molto scomoda. 

Alle imprese non interessa quello che pensano i consumatori, vogliono solo liberarsi velocemente di tutto quello che producono.
Al dipartimento marketing l’arduo compito di trovare modi per convincere le persone a comprare, ad ogni costo.
Questo mancato allineamento di intenti porta con sè diversi effetti.

Le feste come strategie di vendita

Una delle tattiche più utilizzate, per spronare agli acquisti, è quella di creare occasioni ed eventi di festa.
La festa per sua stessa natura disinibisce il consumatore che, preso dallo spirito celebrativo, si concede quel qualcosa in più. 

È per questo che, negli ultimi anni, abbiamo visto il fiorire di nuove festività, alcune abbastanza improbabili.

Dal Black Friday (che ti distrai un attimo e si trasforma in Black Week), alla festa dei nonni, dalla giornata nazionale dell’hamburger fino al classico San Valentino.
Sulla carta queste strategie di vendita hanno sempre funzionato ma il loro abuso ha portato ad un cortocircuito quasi irreversibile.

Troppe feste, alcune del tutto sovrapposte, finiscono con il cannibalizzarsi e con lo sfinire i consumatori.

Già alla metà di Ottobre nei negozi si respira l’atmosfera natalizia, con tanto di luminarie, panettoni e torroncini (per fortuna ancora niente playlist musicale). Tutto ciò finisce con il mettere in ombra, Halloween, festa nata negli USA ma adottata nel nostro paese da anni. Per non parlare del Black Friday, del Ciber Monday e del Thanksgiving Day, di cui al momento non abbiamo notizie.

Meme strategie di vendita marketing


Insomma…
Giri nei negozi ed è un po’ come in quella battuta “ad Ottobre c’è uno con la t-shirt vicino ad uno col piumino e nessuno dei due sa chi ha ragione”. Solo che ormai i tempi del marketing sono così confusi che questo paradosso si ripete tutto l’anno.

Ma soprattutto, la domanda che ci preme di più è: chi può sopportare 4 mesi di Natale? 

La confusione dei consumatori

Una produzione che viaggia su ritmi così forsennati non da tempo al marketing di dare il risalto adeguato ai prodotti.
I consumatori non riescono a “recepire” informazioni nuove a tale velocità, nè tantomeno a mettere in atto la call to action alla quale vengono chiamati.
Per fare un esempio pratico, in questi giorni vediamo: 

  • in tv gli spot dedicati alla “notte più spaventosa dell’anno”; 
  • sui social post sponsorizzati sui costumi di Halloween e e-shop che aprono le prenotazioni per i panettoni artigianali;
  • nei punti vendita scaffali pieni di pandori, torroni e, in un angoletto nascosto, tutto il necessario per fare dolcetto o scherzetto.

Però, due giorni fa siamo stati in un super mercato e la sezione Halloween era completamente assente.

in poche parole possiamo dire addio al coordinamento tra comunicazione, marketing e vendite.

Che senso ha pubblicizzare un prodotto che non posso trovare in negozio? E non stiamo parlando di teaser appositamente studiati come quelli dei Nutella Biscuits , in cui le strategie di vendita basate sulla scarsità ha dato i suoi frutti.

In una strategia ben studiata tutte le attività dovrebbero essere coerenti e spingere il consumatore verso un’unica azione, semplice e chiara.

Marchi tutti uguali

Il bombardamento continuo con nuove offerte e lanci di prodotti/servizi, appiattisce i messaggi promozionali rendendoli praticamente indistinguibili e poco efficaci. 

Molte aziende hanno rinunciato al branding e a ideare campagne create per essere ricordate a lungo. Per la verità si fatica a definire campagne la maggior parte delle comunicazioni che vediamo oggi. 

Pensate a tutti gli spot degli operatori telefonici. Sono praticamente dei volantini in formato video.
D’altra parte è difficile fare spot davvero creativi quando bisogna inventarsi qualcosa di nuovo ogni 2 settimane.

Solo alcuni brand hanno capito che è impossibile mantenere un certo livello qualitativo con tempi così stretti ed hanno preferito cambiare strategia. Ad esempio Zara ha deciso di non pubblicizzare le singole collezioni (che cambiano ogni 15 giorni), ma puntare tutto sul branding per posizionarsi nella percezione dei clienti.

Marketing non sostenibile

Un sistema come quello che abbiamo descritto per chi è sostenibile?

Per molte aziende probabilmente sì, altrimenti avrebbero cambiato strategia.
I costi di produzione sono così bassi che è più conveniente inondare il mercato di prodotti che poi finiranno in sconto al 70% piuttosto che diminuire i volumi di produzione.

Di certo non è sostenibile per i reparti marketing che sono costretti ad ignorare i segnali che arrivano dai consumatori.
Non è facile trovare un motivo valido per convincere una persona a modificare i comportamenti di acquisto.
Non importa quanta pubblicità tu possa fare; nessuno normalmente cambia un telefono ogni 4 mesi e nessuno ha bisogno di rivoluzionare il guardaroba ogni 2 settimane.

Il drive principale del consumatore resta sempre e comunque la disponibilità economica, e gli ultimi 2 anni non hanno certo giovato alle nostre tasche. Fare leva sul bisogno di rimanere al passo con la moda, la tecnologia, etc. è inutile se il mio potere di acquisto è basso. Aumentare il numero di opzioni non significa generare automaticamente più acquisti.
Anzi crea una pressione insostenibile e frustrante.

Ma soprattutto il sistema non è sostenibile per il nostro pianeta che è sempre più invaso dai nostri scarti.
E forse questo è proprio l’aspetto di cui dovremmo preoccuparci davvero.

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