Quando le campagne di influencer marketing non portano i risultati sperati ci possono essere varie motivazioni. Tra queste però ce n’è una che mina in partenza tutto il programma della campagna, ossia che l’influencer scelto non influenza. Perché accade?
- l’influencer è un fake
- l’influencer non influenza come si pensa o non è in grado di farlo è in quel contesto
Due sere fa abbiamo visto il documentario ‘Fake Famous’ che, a meno di un mese dall’uscita negli Stati Uniti, ha già fatto molto scalpore ponendo dei dubbi sul sistema influencer e su tutto l’indotto che genera.
Tra le tante domande scomode che si pone il produttore Nick Bilton la prima è “è sufficiente avere tanti follower per essere un influencer?”.
A giudicare dai risultati del suo esperimento, pare proprio che basti avere molti seguaci per ricevere proposte di ingaggio dalle aziende più disparate.
Quello dei fake influencer non è un fenomeno nuovo o sconosciuto nel mondo del marketing, tanto che secondo il report annuale di Influencer Marketing Hub il 67% delle aziende si preoccupa molto della questione.
Il merito di questo documentario è quello di aver messo alla prova effettiva i metodi scorretti usati da anni da tantissime persone per “pompare” il proprio profilo e di aver mostrato quanto sia facile ed economico comprarsi la fama online.
METODI FRAUDOLENTI USATI DAI WANNABE INFLUENCER
All’inizio del documentario Bilton seleziona 3 aspiranti influencer offrendo loro il “pacchetto completo” per far crescere i loro numeri su Instagram:
- Acquisto di finti follower, commenti e reaction. Con meno di 200 dollari si comprano più di 7000 finti seguaci generati da un bot o gestiti da click farm. Un bot è un software creato per fingersi una persona reale che interagisce con un profilo. Le click farm invece funzionano come delle “fabbriche” di follower fatte da persone reali che vengono pagate per cliccare, seguire e mettere likes
- Restyling di immagine per rendere i soggetti dell’esperimento più aderenti all’estetica dell’influencer (sì, esiste un’estetica dell’influencer!)
- Produzione di contenuti instagrammabili. Grazie a un team di professionisti e a qualche trucchetto come la posa giusta o una tavoletta del water usata in modo peculiare si possono ottenere scatti uguali a quelli dei migliori instagrammer
I metodi che vengono usati dagli aspiranti influencer per fingere una notorietà che non hanno sono numerosi e sempre più sofisticati.
Anche in Italia si stima che tra il 15% e il 20% dei profili di influencer abbia fatto ricorso ad attività “fraudolente” come:
- Fingere collaborazioni con grandi brand taggandoli nei propri post. In questo modo si fa credere di aver lavorato con aziende di una certa importanza nella speranza che altri brand “cadano nella trappola” e li contattino.
- Geolocalizzarsi in luoghi particolari senza averli mai visitati. Una delle tattiche preferite dai fake influencer consiste nel far credere di trovarsi in località o strutture di lusso. Con la giusta inquadratura nessuno può capire se ci troviamo al Four Season o nel giardino di casa nostra!
- Affittare una location finta per uno shooting. Ebbene sì, alla modica cifra di 50 dollari si può noleggiare per un ora un finto jet privato per mostrare a tutti quanto è bello viaggiare circondati da tutti i comfort.
- Partecipare a comment pods. Vi è capitato di leggere sotto qualche foto #like4like? Questo hashtag era una modo per chiedere e scambiarsi like gratuitamente su Instagram. Le piattaforme hanno preso via via varie misure per limitare i contenuti che usano questo hashtag. La conseguenza è che il tutto si è spostato in privato. Esistono gruppi (su Telegram principalmente) con migliaia di iscritti che si accordano per scambiarsi like e commenti reciproci.
- Follow/Unfollow. Uno dei fondamenti della fama dell’influencer è il rapporto tra profili che lo seguono e profili che segue. Questo metodo si basa su alcune dinamiche tipiche dei social e sulla legge dei grandi numeri. Se comincio a seguire 100 profili, posso aspettarmi che un buon numero ricambi il follow. A quel punto, dopo qualche ora o giorno, posso smettere di seguirli e guadagnare un miglior rapporto follower/following. A questa pratica Instagram ha cercato di mettere un freno ponendo una soglia giornaliera di massimo 50 attività, pena la limitazione dell’account.
C’È CHI VINCE E C’È CHI PERDE
L’uso sempre più professionale di queste tattiche ha portato alla nascita di un intero eco-sistema che si auto alimenta banchettando sulle spoglie delle aziende, le uniche a rimetterci davvero. Non abbiamo bisogno di spiegare le motivazioni degli aspiranti influencer che puntano a notorietà, prodotti/servizi gratuiti e collaborazioni ma a guadagnarci ci sono anche:
- le piattaforme a cui fa comodo dichiarare un numero di utenti attivi il più alto possibile
- le agenzie che gestiscono gli influencer a cui interessa solo “vendere” i loro collaboratori – ne sono nate più di 200 solo nell’ultimo anno
- chi vende “servizi specializzati” leggasi bot, click, finte location, outfit usa e getta etc.
L’unico modo che hanno i brand di proteggersi è acquisire le conoscenze tecniche per smascherare i tentativi di frode e capire quando un influencer non influenza davvero.
Strumenti specifici come Ninjalitics, Buzzole, Socialblade o gli Insight di Instagram possono essere un buon punto di partenza per individuare profili sospetti.
A volte però serve uno screening più approfondito per osservare meglio alcune metriche nonché la composizione e il comportamento dei follower dell’influencer.
Quali possono essere gli indizi di comportamenti scorretti e di un potenziale fake influencer?
- Rapporto Like/Commenti. Una sproporzione enorme tra numero di like ricevuti e numero di commenti sotto ad una foto può indicare la presenza di bot, pagati soltanto per il mi piace. Solitamente dei seguaci attenti e coinvolti generano anche molti commenti (engagement)
- Aumento improvviso del numero di follower. Un balzo repentino del numero di follower, senza un trigger specifico (ad esempio un profilo più famoso che ne nomina uno più piccolo) è molto sospetto. Sebbene le tecniche di accrescimento follower si siano raffinate per sembrare più naturali, un osservatore attento può facilmente accorgersi di anomalie
- Commenti generici o ripetitivi. Se notiamo che i commenti alle foto di un account sono stringati e poco attinenti o se vediamo commentare sempre le stesse persone, c’è sicuramente qualcosa che non va
- Follower poco attivi. Se avete il sospetto che un influencer abbia comprato follower, like o commenti, fate un’analisi a campione dei suoi seguaci. Molto probabilmente troverete account senza foto profilo, che non pubblicano contenuti o i cosiddetti mass follower (persone che seguono più di 1500 profili senza avere follower o avendone pochissimi)
(IN)INFLUENCER aka INFLUENCER CHE NON INFLUENZA
Anche quando l’influencer ha un seguito genuino e non ha messo in atto pratiche scorrette può capitare che una campagna non abbia i risultati che ci si aspetta.
Ad esempio quando nel 2019 Ariana Renee, diventata famosa su Tik Tok, prova a lanciare il suo brand vendendo t-shirt alla sua community di 2,5 milioni di follower rimane molto delusa. Riesce a piazzarne solo 36 per poi lamentarsi sui social (post in seguito cancellato) dei follower e degli amici instagrammer che non l’hanno sostenuta abbastanza.
Cosa impariamo da tutto ciò?
Che forse il numero dei follower non è garanzia di successo e che probabilmente la nostra @Arii avrebbe dovuto curare con più attenzione il rapporto con la sua community. Inoltre, è evidente che non sempre le dimostrazioni di apprezzamento virtuali corrispondono ad una volontà di acquisto reale.
Anche Buzzole evidenzia come gli utenti, pur dichiarando di tenere molto in considerazione l’opinione degli influencer, non procedano ogni volta con un acquisto.
Una campagna può anche andare male semplicemente perché l’influencer selezionato non è adatto.
Recentemente il colosso del beauty Douglas ha creato una sua linea di integratori a base di collagene. La campagna di lancio è legata al concetto di #innerbeauty (bellezza interiore) e chiede esplicitamente agli utenti di condividere le loro opinioni a riguardo. Sicuramente uno degli obbiettivi era quello di generare engagement.
Una delle testimonial scelte è Veronica Ferraro fashion/beauty/fitness influencer con un ampio seguito, che ha collaborato in passato con moltissimi brand importanti. In un video pubblicato sul profilo Instagram dell’azienda alla Ferraro viene chiesto di esprimere la sua idea di inner beauty. La reazione degli utenti è stata piuttosto polemica, tanto da obbligare Douglas a chiudere la sezione commenti, cancellare quelli arrivati e cambiare il testo del post.
A cosa è dovuto questo piccolo flop? La risposta non è difficile: influencer sbagliata.
A prova di ciò, lo stesso tipo di contenuto pubblicato qualche giorno più tardi con una testimonial diversa non ha avuto problemi di sorta.
Ad uno sguardo superficiale la Ferraro era la testimonial perfetta per un target femminile over 30 interessato al mondo beauty e skincare. Non stiamo dicendo che sia un’influencer che non influenza in nessun contesto. Tuttavia un’analisi più approfondita dell’attività online dell’influencer evidenzia che la Ferraro esprime un’idea di bellezza molto patinata e filtrata, poco in linea con la visione proposta da Douglas.
Questa “svista” di marketing ha avuto un’effetto negativo e inaspettato sullo svolgimento della campagna .
In casi come questo non c’è software che tenga e non ci si può affidare completamente alle agenzie di recruiting.
È importante che l’azienda faccia dei controlli accurati per assicurarsi che il testimonial sia in linea non solo con il brand, ma anche con il concept della campagna. Questi controlli possono essere svolti solo da un professionista esperto in grado di valutare elementi che vanno al di là dei semplici numeri.
Quindi resistete alla tentazione di affidare queste attività al membro più giovane del team perché “sui social ci sa fare” o “perché ha tanti follower su Instagram”. Potrebbe essere lui stesso un influencer che non influenza proprio nessuno!
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