Startup o no, questo è il dilemma! Questo articolo è un po’ off topic rispetto ai contenuti che di solito trattiamo su questo blog.
Nell’ultima settimana però ci siamo “imbattuti” in diversi post ed articoli relativi all’ambito startup e ci è capitato di partecipare ad alcune animate discussioni riguardo:
1- L’efficacia dei programmi di incubazione/accelerazione per startup in Italia
2- La proliferazione di percorsi (dalla dubbia utilità) per il lancio di nuove startup
3- Gli errori di valutazione dei progetti da parte degli aspiranti startupper, degli investitori e dei consulenti
Lungi da noi dare giudizi sulla validità di un programma piuttosto che un altro, vogliamo piuttosto concentrarci sull’ultimo punto dell’elenco.
Siamo convinti che proprio gli errori di valutazione iniziali creino false aspettative, confusione nella gestione dei progetti e, nella stragrande maggioranza dei casi, il fallimento della startup. Diciamo tutto ciò perché ci siamo trovati sia nel ruolo di consulenti sia in quello degli startupper e queste dinamiche l’abbiamo riscontrate ogni volta.
REQUISITI DI UNA STARTUP
Iniziamo subito con il dire che non tutti i progetti imprenditoriali sono startup e che questo termine ha un significato ben preciso. Se ve lo state chiedendo non è quello che usa il Mise per definire una startup innovativa, per quanto la legislazione italiana in merito sia piuttosto avanzata nel panorama mondiale.
Il miglior modo per sapere se un progetto è davvero una startup è rifarsi ai parametri e alle best practice dei grandi fondi di investimento internazionali, come, tanto per citarne alcuni Sequoia Capital o Andreessen & Horowitz.
Concetto di scalabilità
Con questo termine si identifica una realtà imprenditoriale in grado di crescere in maniera esponenziale e veloce, rispetto agli investimenti fatti (investo 10 guadagno 30, investo 20 guadagno 80).
Un modello scalabile è al contempo facilmente replicabile.
Pensiamo ad esempio ad AirBnB che nasce a San Francisco ma in pochi anni è stato portato in altre 26.000 città in tutto il mondo.
Tasso di crescita
Da una startup ci si aspettano tassi di crescita molto più alti di quelli di una normale impresa. Uno dei fondatori di Y Combinator, il più grande incubatore del mondo, fissa una percentuale di crescita minima del 5% a settimana per una startup.
Potrebbe sembrare un numero accessibile ma se ci riflettiamo un attimo capiamo che parliamo di una crescita annuale che si aggira intorno al 1000%. Insomma, non è proprio una passeggiata!
Gestione ottimizzata
Se avete un’infarinatura minima di startup sicuramente avrete sentito parlare di modello Lean e Agile. In un mondo così incerto come quello delle startup, l’azienda deve essere in grado di adattarsi e riadattarsi velocemente ai cambiamenti.
Per questo motivo una gestione flessibile permette di procedere attraverso piccoli test successivi e di breve durata per validare ogni ipotesi di sviluppo.
EXPECTATIONS vs REALITY
Come consulenti incontriamo tantissime persone con idee imprenditoriali e molti di questi pensano di dover avviare delle startup, ma spesso non è così… e non c’è niente di male! Tutte le più grandi aziende italiane non sono mai state delle startup.
Potete tranquillamente avviare un’ impresa che prima sarà micro, poi piccola e poi grande, diventare milionari e vivere di rendita alle Bahamas, senza mai essere stati degli startupper.
Ma, come abbiamo già detto, non c’è nulla di più pericoloso di avere aspettative sbagliate poiché queste si riflettono negativamente sulle strategie aziendali.
Se il vostro progetto per le sue caratteristiche intrinseche non può essere gestito in maniera Lean, o non è scalabile, inseguire forzatamente queste metodologie vi porterà solamente a bruciare risorse (molte più di quante possiate permettervi).
Per esempio, se chiederete ad un fondo di Venture Capital di investire nel vostro progetto, quasi sicuramente non riuscirete a raggiungere gli obiettivi di crescita necessari. Per provarci probabilmente farete scelte sbagliate, perderete il sonno e sprecherete capitali, annullando anche il potenziale del progetto come PMI.
Le stesse dinamiche si ritrovano anche se ci focalizziamo strettamente sul lato marketing. Infatti le strategie di crescita ed acquisizione di una startup sono molto diverse da quelle di una PMI.
Startup
Una crescita rapida come quella che ci si aspetta da una startup può richiedere investimenti in marketing piuttosto ingenti.
Nel 2019 TikTok, il social network di cui tutti abbiamo sentito parlare, ha investito circa 1 miliardo di dollari in promozione solo negli Stati Uniti.
In accordo con la logica Lean, una startup farà forte affidamento sulle tecniche di growth hacking.
Questa metodologia si basa sulla sperimentazione continuativa attraverso piccoli test per raccogliere dati e prendere decisioni.
Alcune di questi sono ad esempio:
- Valutare il problem solution fit. Questo serve ad assicurarsi che il prodotto/servizio risponda davvero ad una necessità del mercato
- Testare le buyer persona. Cioè vedere se coloro che abbiamo identificato come target sono davvero interessati a ciò che offriamo
- Fare test di validazione delle traction. Sono prove che permettono di valutare più precisamente indicatori come i ritmi di crescita (ad esempio il ritmo di acquisizione di nuovi iscritti o l’aumento delle vendite)
- Scegliere i canali di comunicazione. Sono test che ci permettono di capire quali canali selezionare per avere i risultati migliori, nei tempi previsti
PMI
Una piccola impresa invece non deve necessariamente crescere molto velocemente, né deve investire budget così elevati per farlo.
Inoltre non ha bisogno di fare una serie di piccoli test per valutare se il prodotto/servizio che offre risponde ad un bisogno del mercato.
Si presume che dovrebbe già conoscere queste cose, avendo già fatto ricerche di mercato e iniziato l’attività di produzione.
Ad esempio una piccola azienda vinicola, che anche per una sola bottiglia ha tempi di produzione relativamente lunghi, difficilmente potrà fare dei test per capire se lanciare o meno una certa linea. Pensiamo già solo al tempo che serve per mettere a coltura un vitigno, farlo crescere, fare la raccolta e in seguito imbottigliare e distribuire. È uno sforzo enorme e prolungato nel tempo.
Un’azienda di notevoli dimensioni potrebbe permettersi di effettuare dei test (non parliamo comunque di growth hacking) per valutare quali strategie funzionano meglio.
I test di prodotto sono la norma nel marketing ma richiedono tempo e soprattutto budget elevati.
Rimanendo nel settore vinicolo ad esempio una grande azienda come Tavernello, facendo accordi con produttori diversi, può accelerare di molto il processo di produzione di una determinata linea.
Mettiamo che dall’osservazione dei trend del settore emerga un crescente interesse dei consumatori per i vini rosati. Tavernello può decidere di acquistare delle qualità di uve particolari dai coltivatori per produrre un nuovo rosato frizzante da aperitivo e testarlo sul mercato. Il tutto in tempi piuttosto brevi rispetto ad un piccolo produttore.
Pensiamo ad un altro gigante come Ferrero e ad uno dei suoi prodotti iconici degli ultimi anni: i Nutella Biscuits. Il prodotto è andato così bene che sembrava introvabile ovunque ma mettiamo il caso che il lancio non fosse riuscito così bene…
Per fare anche un “piccolo” cambiamento come la quantità di farcitura o la dimensione del biscotto, Ferrero avrebbe dovuto modificare la linea di produzione e magari anche la filiera (packaging, ordini di materie prime etc.).
Le aziende dalle più piccole alle più grandi usano strumenti di marketing completamente diversi rispetto ad una startup. Per esempio focus group, panel di consumatori, test di ricerca e sviluppo etc.
Dagli esempi che abbiamo fatto è evidente quanto sia importante capire fin se un’idea è più adatta a diventare una startup o una pmi. Questa scelta è quella che avrà il peso maggiore sul futuro del progetto e sulla vita di chi ci lavorerà.
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