Il metodo delle buyer persona di certo non può definirsi nuovo, ormai ha compiuto più di 20 anni.
E se qualcosa dura così tanto nel marketing vuol dire che funziona.
Il merito della sua longevità sta nel fatto che è un metodo flessibile e che si applica in modo intuitivo. In buona sostanza è un po’ come fare delle interviste.
Ma di cosa si tratta?
È un modo per fare un’analisi qualitativa del target, soprattutto dal punto di vista della comunicazione e del marketing.
In pratica un modello di buyer persona non da indicazioni sul numero di potenziali acquirenti o di acquisti stimati (per quello esistono gli studi di mercato), ma ci aiuta ad ottenere un profilo psicologico del cliente ideale.
E di conseguenza, a capire come “cucire” la nostra comunicazione, soprattutto la pubblicità, su misura per il target.
Come dice il nome stesso, le buyer personas dovrebbero essere appunto “vere persone” e per questo il modo migliore per svilupparle è farsi aiutare da chi, in azienda, si trova realmente faccia a faccia con i clienti.
Come si creano le Buyer Persona
La cosa più bella di questo metodo è l’estrema concretezza.
L’obiettivo ideale è quello di delineare un identikit più realistico possibile dei potenziali clienti. Non parliamo di un insieme teorico di caratteristiche, ma della descrizione di una persona reale che potrebbe entrare nel nostro negozio da un momento all’altro.
Ed in quest’ottica la prima cosa da fare è dare un nome ed un volto al profilo.
Può sembrare un passaggio superfluo, ma ci aiuta tantissimo connetterci con questa ipotetica persona. Se ci pensate anche solo una foto ed un nome danno da subito moltissime informazioni.
Nel vostro negozio entrano più Sandro o Ludovico Maria?
Oltre questo, quando si creano le buyer persona, non esiste uno schema fisso da seguire.
Online si trovano decine di canva diversi che includono o escludono particolari dati. Non ce n’è uno più valido di un altro, al massimo ci sono quelli che si adattano meglio ad una determinata azienda.
Ovviamente la cosa migliore sarebbe costruirne uno su misura per il vostro business.
Al di là dei singoli casi ci sono però degli elementi che andrebbero sempre inseriti.
Dati demoscopici
Non c’è target che si rispetti che non includa informazioni riguardo età, genere, luogo di residenza, livello di istruzione, reddito e nucleo familiare. Solitamente nella definizione di un target queste informazioni vengono date per fasce, nelle buyer persona invece questi dati devono essere specifici.
Per esempio, possiamo immaginare un profilo come quello qui sotto. ⬇️
Sfide/Pain point
Questo è senza dubbio una delle sezioni fondamentali perché ci da indicazioni sul problema che la persona vuole risolvere.
In fin dei conti quello che tutti facciamo nel quotidiano è trovare piccole soluzioni a piccoli problemi.
Poi ovviamente ci sono i momenti in cui bisogna risolvere problemi più grandi e trovare soluzioni più complesse.
Qualunque tipo di problema la nostra azienda risolva, è essenziale sapere quali sono gli effettivi bisogni del target. Solo così possiamo intervenire nel modo e nel momento adeguato.
Motivazioni
Questo punto può essere un po’ complesso da spiegare. Ma è importante quanto quello precedente.
Non sempre quello che muove le persone è la ricerca di una soluzione ad un problema (o almeno non consciamente), a volte si tratta di motivazioni più personali e positive.
- Ad esempio una persona che vuole fare uno scatto di carriere potrebbe cercare corsi di formazione per facilitare questo percorso.
- Perché ci si iscrive ad un corso di cucina o di pittura? Per ottenere delle nuove skills e per puro diletto personale.
Egualmente sono sentimenti molto forti e che direzionano il comportamento delle persone anche più dei pain points, a volte.
Touchpoint/Consumo mediale
Al giorno d’oggi è fuori questione non inserire questa sezione all’interno del profilo di una buyer persona.
Considerando l’enorme quantità dei canali a disposizione di ogni individuo, e la loro crescita continua, le aziende devono assolutamente conoscere queste informazioni.
Come possono pensare di intercettare il target senza sapere quali piattaforme utilizza, quali fonti consulta, come si intrattiene e quali touchpoints preferisce?
Messaggi per le buyer persona
Una volta definiti i punti precedenti si arriva alla raison d’etre di questo modello.
Cosa diciamo alla nostra buyer persona?
Se siamo stati bravi nel nostro lavoro questa parte dovrebbe scaturire quasi naturalmente. Nella pratica si tratta mettere nero su bianco il punto chiave del messaggio che sarà declinato in varie forme nel corso delle attività di marketing.
Obiezioni
Come farebbe ogni bravo avvocato, bisogna sempre prepararsi alle obiezioni della controparte.
Sarebbe bello che tutti i clienti acquistassero senza battere ciglio, ma non succede praticamente mai. C’è sempre qualcuno che fa domande di ogni genere oppure esprime dubbi che per noi possono essere banali, ma per lui/lei insormontabili.
Per questo un’azienda deve sempre essere pronta a rispondere e rassicurare i potenziali clienti.
Una sorta di allenamento ad un buon customer care.
Background
È una voce dello schema che non sempre è necessario compilare ma che può dare degli insight particolarmente interessanti per mettere più a fuoco le motivazioni e i pain point.
Per fare un paio di esempi molto pratici…
- Se vendiamo t-shirt forse non è fondamentale conoscere il percorso di studi o quello lavorativo dei nostri possibili clienti.
- Ma se la nostra azienda offre servizi per le imprese, ad esempio software gestionali o fotocopiatrici come Paolo Bitta, ecco che conoscere questi aspetti può fare la differenza.
Per il nostro interlocutore concludere un buon affare potrebbe significare ottenere una gratifica o lo scatto di carriera che aspettava da tempo.
Interessi
Esattamente come per il background anche queste informazioni non sono sempre indispensabili.
Per molti prodotti b2c però, conoscere dettagli più “privati” del target, può rivelarci abitudini, preferenze, attitudini che possono guidare meglio le nostre azioni di marketing.
Se scopriamo che i nostri clienti adorano la musica e la ascoltano tutti i giorni, potremmo decidere di fare pubblicità al nostro brand su Spotify o in radio piuttosto che su Facebook.
Identifiers delle buyer persona
Sono elementi elementi identificativi unici che accomunano le nostre buyer persona.
Un oggetto, una frase, un comportamento che sono sufficienti a rivelare e confermare inequivocabilmente l’appartenenza a quel gruppo.
Può sembrare uno stereotipo ma, nel marketing, gli stereotipi (positivi e negativi) funzionano da sempre.
Non è detto che ci siano in ogni caso ma, se li trovate, usateli! Vi faranno risparmiare molto tempo e risorse.
Goal
Li abbiamo separati dalle motivazioni ma sono strettamente legati. Anche in questo caso infatti parliamo di qualcosa che spinge il target a fare determinate azioni come certe scelte d’acquisto.
Il goal si differenzia perché non nasce da un convincimento personale ma piuttosto da un imput esterno che può venire dall’ambito lavorativo, familiare o sociale.
Come sfruttare al meglio le Buyer Persona
Finora abbiamo parlato di come creare uno schema di buyer persona per la vostra azienda e delle parti che lo possono comporre.
Avrete quindi capito che si tratta di un metodo che ci aiuta a focalizzarci sul target e soprattutto sul messaggio piuttosto che sul prodotto. Per sfruttarlo al massimo vi diamo qualche consiglio.
La virtù sta nel mezzo
Uno dei pericoli che si corre quando si cerca di identificare le buyer persona per il proprio business è di esagerare da un lato o dall’altro.
A meno che la vostra impresa non operi in una nicchia ristrettissima difficilmente avrete una sola buyer persona.
D’altro canto crearne decine è assolutamente inutile (non siate Amazon e comunque non lo fanno nemmeno loro).
Se vedete che il numero delle vostre buyer persona comincia a crescere e che i messaggi sono ripetitivi vuol dire che ci sono delle sovrapposizioni e che potete accorparne alcune.
Vi consigliamo caldamente di farlo per mantenere la comunicazione più efficiente.
Aggiornare, aggiornare sempre
Tutto cambia, anche il vostro target! Soprattutto nel mondo digitale che si evolve a ritmi forsennati.
Andare a verificare se le buyer persona che avete identificato sono ancora valide è un’operazione he va fatta periodicamente. La cadenza ideale sarebbe almeno annuale, al netto di particolari circostanze della vostra azienda o del settore in cui opera.
Buyer Persona negative
Non stiamo ovviamente parlando di persone che hanno l’aura sbagliata ma di una feature interessante che questo modello offre.
La possibilità di creare profili opposti al nostro cliente ideale, ossia persone a cui non vogliamo rivolgere i nostri messaggi.
Questo perché sappiamo che non sarebbero mai nostri clienti o per motivi legati al branding aziendale.
Da alcuni il metodo delle buyer persona è visto come lo zio boomer dei modelli di targeting.
Ma “lui”, per l’ennesima volta, sta dimostrando la sua efficacia.
Infatti si allinea perfettamente con l’approccio broad match che le grandi piattaforme di advertising online stanno spingendo nell’ultimo periodo. Da circa un anno Meta consiglia (quasi obbliga) agli inserzionisti di creare audience molto ampie e puntare sulla varietà dei messaggi. In questo modo sono gli utenti stessi ad inserirsi in un determinato target.
Un ulteriore conferma che è proprio il modo in cui ci rivolgiamo ai nostri clienti a fare la differenza.
Lascia un commento